00 26/09/2007 16:23
L'alternativa vincente al modello delle milanesi
MARCO ANSALDO

Ciascuno pensa ai propri guai, ma in confronto a Roberto Mancini, che ce l’ha con il mondo, e ad Ancelotti, il cui sopracciglio sta sempre ritto come gli succede nei momenti bui, l’umore di Prandelli e di Spalletti dovrebbe essere più soffice di un piumino. Se i due si macerano per qualche rogna è perché la vogliono trovare. Prandelli è in freddo con la stampa che l’ha criticato per un malinteso sulle scelte con il Groningen in Coppa Uefa. Cicliche incomprensioni fiorentine. Spalletti invece non ha digerito il modo in cui la Roma s’è fatta gabbare dalla Juve. «Fino al 2-2 la squadra ha fatto benissimo - ha ribadito -, potevamo evitare l’ultimo gol ma non mi sono arrabbiato per la partita né per le parole di Ranieri: mi dicono che mi arrabbio con quello e litigo con quell’altro (riferimento a quanto era successo in tv con Mancini, ndr), in realtà ho soltanto espresso un’opinione e ho ammesso l’amarezza per la vittoria sfuggita quand’era a portata di mano».

Sembrano piccole crepe. Spalletti e Prandelli sono i profeti della terza via allo scudetto, quella che passa fuori Milano e che ignora Torino. Oggi le strade incrociano. Senza Totti fermato da un dolore muscolare e Perrotta, oltre alla difesa malconcia, la Roma rischia di più. «Comunque rimane la mia favorita per il titolo - sostiene Prandelli che fu di passaggio in una Roma da caduta dell’Impero ed è ammirato per come ha saputo tirarsi su -. Gioca il calcio migliore e con ambizioni diverse dalle nostre: è vero che negli ultimi due anni abbiamo fatto più o meno gli stessi punti, però la differenza adesso è più netta perché la Fiorentina ha cercato di ringiovanirsi mentre la Roma non aveva questa esigenza e ha comprato gli uomini che servivano per puntare subito in alto». «La Fiorentina è una grandissima squadra con un grandissimo tecnico e lavora in un ambiente dove si vive di calcio - ribatte Spalletti, fiorentino di Certaldo e affezionato ai viola -. La guardo sempre volentieri».

Depurata delle smancerie rimane una stima sincera. Forse perché i due progetti si assomigliano. «La Roma ha iniziato prima di noi la politica dei giovani - ammette Pantaleo Corvino, ds della Fiorentina - e qualcuno gliel’avrei portato via volentieri. Ho provato con Aquilani e con Mancini, poi con De Rossi ma ho capito che non li avrebbero venduti per nessuna ragione al mondo. In estate c’eravamo anche noi su Giuly e Juan: il problema è che debordavano dai nostri ingaggi». A Firenze infatti hanno una politica dei costi più contenuta. Del resto lo è anche il fatturato. «Siamo una società da 55 milioni di euro all’anno», dichiara Corvino, e allora non si possono pagare stipendi molto superiori al milione e mezzo, quanto risulta che prenda Mutu, uno che la Juve scambiò per Bojinov e ancora adesso ci si chiede il perché. Corvino ha speso 21 milioni sul mercato e li ha recuperati con la cessione di Toni e Bojinov: le altre vendite hanno creato ricchezza. La Roma ha investito un po’ di più e ha incassato un po’ meno, nonostante Chivu all’Inter, ma neppure lei ha fatto pazzie. Quelle arriveranno soltanto con lo scudetto.

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